Questo mese l’atleta ci spiega i “trucchi” da adottare quando ci si trova al cospetto di un posto nuovo, in fondali mai esplorati prima. Lo studio della costa e poi la fase in acqua
Luigi Puretti
Ciao ragazzi, questo mese vi voglio parlare di come studiare al meglio una zona nuova. Ci sono infatti persone che si immergono sempre nello stesso tratto di costa, lungo gli stessi fondali; si tratta di pescatori abitudinari, che preferiscono rimanere nella loro confort zone, ma ci sono anche spiriti avventurieri, che preferiscono staccarsi dalla routine e scoprire cose nuove. Ed è il mio caso, anche perché in questo l’agonismo mi ha dato una grossa mano. Mi ha infatti costretto ad arrivare su campi gara che non conoscevo, obbligandomi a ottimizzare i giorni a disposizione per capire il più possibile dove cercare le prede, a quali batimetriche e con quali tecniche. Una dote fondamentale se si vuole fare risultato e che io, per fortuna, penso di avere. Approcciare fondali nuovi è un po’ come affrontare un viaggio in posti sconosciuti; l’emozione dell’ignoto si mescola alla sfida di decifrare i segreti di quel tratto di fondale. Una sfida senza dubbio stimolante.
Vediamo adesso come procedere e quali strumenti è bene usare. Intanto, prima di addentrarmi nelle questioni tecniche, vorrei ribadire che molto dipende dalla mentalità. Occorre essere curiosi e con la mente aperta, ma non solo. Serve anche tanta pazienza e non scoraggiarsi mai davanti alle prime, inevitabili difficoltà e, infine, è fondamentale un grande spirito di osservazione, studiare la costa nei minimi dettagli, le caratteristiche del fondale, ogni più piccolo particolare. Solo così facendo riusciremo a meglio comprendere le abitudini dei pesci nel più breve tempo possibile. E aggiungerei pure l’adattabilità poiché le prede, specialmente in questi ultimi anni, cambiano spesso comportamento e diventa importante sapersi adattare a ciò.
Detto questo, la prima cosa da fare quando si arriva in una zona nuova è consultare la carta nautica. Una volta esistevano solo cartacee, ora tramite app e siti si ha tutta la cartografia del mondo con un’accuratezza e una precisione incredibili. Studiando le linee, le cosiddette isobate, quelle che uniscono i tratti di una stessa profondità, noteremo che più sono vicine tra loro e più significa che il fondale scende di quota velocemente; se, invece, sono abbastanza distanti e, soprattutto, parallele, vuol dire che il fondale scende in maniera graduale. Potremmo così subito capire dove si trovano i cigli importanti e dove le zone pianeggianti. Ad esempio, durante l’ultimo Euro Africano, in Turchia, pensavano di trovarci in un tratto di costa pianeggiante; invece, guardando le carte ci siamo resi conto che le quote sprofondavano repentinamente oltre i 40, 50 metri già vicino a terra. Informazioni utili non solo per farci un’idea della morfologia del fondale ma anche per capire il comportamento dei pesci. Dovete infatti sapere che nelle ampie zone pianeggianti il pesce si intana molto più facilmente, oppure si appoggia alle rocce, mentre se le quote scendono velocemente il pesce preferisce guadagnare l’abisso come via di fuga. Preferisco inoltre evitare le secche segnate sulle carte poiché sono le più conosciute e di conseguenza le più sfruttate.
Generalmente, ogni località ha la sua pescheria di riferimento. Trovo utile andarci alla mattina presto per vedere cosa offre il banco e capire quali sono le prede più presenti in quel determinato periodo. Eviterei invece di ascoltare i pescatori locali, che siano professionisti o dilettanti. Intanto perché, lo sappiamo bene, sono tutti molto gelosi dei propri posti e non vanno certo a raccontarli al primo che passa. E poi perché di solito sono persone legate alle tradizioni, si muovono sempre nelle stesso modo anche se il mare negli anni è cambiato. Ragion per cui ho smesso da anni di dar retta a voci o quant’altro quanto arrivo in qualche località a disputare un campionato proprio per non farmi influenzare. Preferisco ragionare con la mia testa.
Lo step successivo è quello di passare all’analisi della costa. La relazione con il fondale marino è molto intima e con un po’ di attenzione capiremo tanto di ciò che ci aspetta sott’acqua. Se ad esempio a terra notiamo dei veri e propri muri di posidonia morta, evitiamo di buttarci in quel punto, soprattutto se si parte da terra, perché ci troveremo al cospetto di un’enorme distesa di alghe.
Anche il tipo di roccia è in grado di fornire indicazioni utili. Il granito o il calcare molto duro e liscio indicano quasi sempre una parete priva di tane e spaccature, con acqua limpida. Se invece la costa è molto frastagliata, con tanti massi, significa che anche sotto la superficie la situazione sarà la medesima, con franate e tratti dove il pesce va a intanarsi.
Al contrario, una costa composta da calcare più fino, addirittura, argilloso, probabilmente renderà l’acqua più torbida.
Le punte segnalano veri e propri costoni di roccia, spesso battuti dalla corrente e dove di solito si concentra il pesce, con tanta mangianza e di conseguenza predatori, come dentici e pelagici.
Da non sottovalutare le baie sabbiose poiché, dopo i primi metri di rena spesso compaiono lastre di roccia dove andare a caccia di pesce bianco. Di solito si trovano in centro baia e mi è capitato di incontrarle un po’ in tutto il Mediterraneo e prenderci saraghi, orate e anche qualche corvina.
A questo punto ci siamo fatti un’idea da fuori ed è il momento di entrare in acqua. Se siamo in gommone ci porteremo appresso tutta l’attrezzatura poiché non sappiamo di preciso a cosa andremo incontro. Fondamentale è la strumentazione nautica, ma di questo ne parlerà in un altro articolo. Mentre se si parte a pinne, l’ideale è avere un 95/100 e un corto da tana; con questi due fucili dovremmo essere coperti per quasi tutti i possibili incontri. Due o tre piombi a sgancio rapido sono utili per variare velocemente l’assetto.
Una volta in acqua dobbiamo farci guidare dall’istinto. Sarebbe infatti sbagliato, in un posto nuovo, mettere al centro le nostre convinzioni, quelle che vanno bene lungo i fondali conosciuti.
Tanto dipende dalle ambizioni di ognuno di noi. Se si vuole massimizzare subito il risultato bisogna cercare di individuare la tecnica migliore per qual dato periodo. Però, c’è anche chi preferisce non cambiare il proprio modo di pescare e quindi si butterà ad esempio all’aspetto anche se, magari, quel determinato tratto di costa è più redditizio da esplorare in tana. Sono persone che trovano più appagante un solo grosso pesce rispetto al carniere. Io invece ragiono da agonista e dunque sono portato a cercare sempre la combinazione migliore tra tecnica, batimetrica e via dicendo.
Concludo dicendo che cambiare sovente spot è motivo di crescita personale e ci saprà regalare quel qualcosa in più anche quando torneremo a immergersi nei nostri soliti posti.
Alla prossima!