Una zingarata autunnale di quattro giorni attorno al "Dito" della Corsica, inseguendo i venti e qualche bel pesce, in un contesto naturale più splendido che mai. E con un clima quasi estivo….
di Alberto Martignani
La nostra annuale crociera estiva in barca a vela, una tradizione ormai quasi ventennale, quest’ anno, dopo molto che non accadeva, non si è svolta. E’ risultato infatti impossibile conciliare le esigenze professionali e familiari di un numero sufficiente di partecipanti.
Tuttavia, a settembre, trascorse le ferie estive e ottemperati i rispettivi obblighi familiari, un rapido e cospirativo scambio di messaggi sulla nostra chat di whatsapp poneva le basi per un’iniziativa quasi “carbonara”! L’avremmo parzialmente recuperata a metà ottobre, sfuggendo per almeno qualche giorno ai nostri impegni.
Concordato il periodo, restava un solo problema da risolvere: aggiungere un quarto partecipante al nucleo storico composto da me, Paolo e Fabrizio, per ottenere un equipaggio numericamente adeguato a Mina, il filante Bavaria 47 che da qualche anno abbiamo l’abitudine di noleggiare.
La soluzione la trova Paolo, reclutando un amico di Milano, omonimo, bravo velista e appassionato nuotatore.
Ed ecco che, il giorno convenuto, convergiamo da Bologna, Firenze e Milano verso il capoluogo elbano di Portoferraio. Il punto di ritrovo è sempre quello, il noleggio nautico Buechi Yachting , dove Mina ci attende, pronta per la partenza.
La nostra, quasi estemporanea, iniziativa verrà premiata dalle condizioni meteo che, seppur con qualche transitoria instabilità, saranno caratterizzate da mare calmo e tempo sereno per tutti e quattro i giorni che trascorreremo in Corsica. La traversata richiede circa 5 ore di navigazione. Partiamo la domenica mattina, a orario antelucano, in modo tale da arrivare in tempo per organizzare ormeggio e pescata.
La mattinata è fresca e umida: anche se in lontananza scorgiamo preoccupanti addensamenti nuvolosi e scrosci di pioggia, il cielo sulla nostra verticale si mantiene sostanzialmente terso, e il percorso viene portato a termine senza inconvenienti.
Raggiunto in tarda mattinata il vertice del “Dito”, effettuiamo un paio di peripli della Giraglia alla ricerca di un ancoraggio. Per chi non lo sapesse, la Giraglia e le altre due isole di questo tratto di Corsica, Finocchiarola e Centuri, sono incluse dal 2017 nel neo-costituito Parco Naturale Marino di Capo Corso e dell'Agriate, il cui statuto prevede che non ci si possa ancorare, né scendere in acqua, né tantomeno pescare a meno di 10 metri dalle isole (anche se, per evitare di incorrere in contestazioni, consiglio di mantenere almeno una cinquantina di metri per l'ancoraggio e 20, 30 metri per la pesca).
Come conseguenza di un discreto vento di scirocco che nel frattempo si è levato e dell'impossibilità, a causa delle limitazioni imposte, di ancorare a stretto ridosso dell'isola, rinunciamo e proseguiamo la navigazione.
Sotto il nido del falco
La tappa successiva è il tratto di alta costa rocciosa che si erge una volta doppiato Capo Grosso (dove c’è il faro di Capo Corso), culminante nel suggestivo sperone candido di Punta Bianca. Quasi al centro del percorso, la puntarella di Corno di Becco, ben riconoscibile per una guglia di roccia nota per ospitare un nido del raro e protettissimo falco pescatore.
Entrambi questi punti proseguono sott’acqua con franate bellissime che in passato abbiamo più volte visto brulicare di vita, anche perché la corrente frange sulle punte creando movimento di nutrienti e attivando la catena alimentare.
Ancoriamo a ridosso e mentre i due Paoli si dedicano l’uno a una sessione di nuoto e l’altro a un allenamento di apnea lungo il cavo del pallone, io e Fabrizio ci dirigiamo armati e con bellicose intenzioni verso le zone che riteniamo di maggiore interesse. Tuttavia, nonostante qualche avvistamento promettente (una discreta orata e alcune tanute di buona pezzatura) nei primi tuffi, il resto dell’uscita si svolge nel deserto più totale. Spicca, in particolare, l’assenza di saraghi di taglia, in questa che, sino a qualche anno fa, era stata una zona sempre ricca di sparidi. Anche i piccoli esemplari presenti mostrano un atteggiamento di estrema diffidenza, talora di evidente terrore, nei confronti del sub. Sono convinto che tale situazione sia in gran parte da imputare all’imperversare, da parte di equipaggi locali, della deleteria pratica della trainetta, di cui proprio i saraghi rappresentano la vittima designata.
A corroborare tale convinzione, l’incontro, qualche giorno dopo, con un gommone nero fare avanti e indietro a pochi metri da riva. Avremmo rivisto ancora il natante poco prima del tramonto rientrare verso Macinaggio, dopo un’intera giornata verosimilmente trascorsa a terrorizzare gli abitanti del sottocosta…
Più prevedibile la penuria di dentici per i quali ottobre non è un buon mese. Infatti, incontreremo quasi sempre esemplari piccoli e disinteressati, situazione acuita dalla congiuntura pure sfavorevole di luna piena. La giornata verrà parzialmente salvata da un branco di ricciolette, sul quale riuscirò a ottimizzare il risultato: centrato un primo esemplare, lo lascerò fluttuare in sagola. Ricaricato velocemente riuscirò poi a catturare un secondo pesce tra quelli attardatisi a vorticare, come consuetudine, attorno alla compagna in difficoltà. Una riccioletta catturerà anche Fabrizio dopo aver lungamente e inutilmente provato a incuriosire un branchetto di dentici scovato sui 20 metri di fondo.
Le sorprese di Centuri
Trascorsa la notte al ridosso del non lontano isolotto di Centuri, la mattina successiva proseguiamo la navigazione verso sud. La giornata è splendida, tiepida e soleggiata, e il mare quasi a nostra completa disposizione.
Trascorriamo la mattinata a bordeggiare lungo la costa, riservando al pomeriggio l’immancabile uscita. Saremo in 3 a scendere armati, mentre il Paolo “milanese” sfrutterà la temperatura ancora abbastanza confortevole del mare (21 gradi) per il quotidiano allenamento di nuoto. Ancoriamo tra Pino e Marina di Giottani, riservando al Paolo “bolognese” il tratto di costa più a sud, mentre io e Fabrizio ci dirigeremo a nord, in direzione di Punta Stininu, stabilendo che Fabrizio, che possiede una maggiore dimestichezza con la pesca profonda, stazionerà più al largo, mentre io batterò il sottocosta, non oltre la batimetrica dei 15 metri.
Purtroppo, la situazione ricalcherà quella del giorno prima, con assenza di saraghi e pochissimi avvistamenti di prede interessanti. Tenterò il tiro in caduta su una tanuta che, accortasi del mio approccio, ha iniziato, come consuetudine della specie, a sprofondare lentamente, pur senza prodursi in alcuna fuga precipitosa. Il tiro, scoccato al limite della gittata, fallirà però il bersaglio.
Ormai rassegnato al cappotto, incapperò invece in due ricciolette che, risalite come fulmini dalla profondità per inseguire alcuni pescetti, accortesi della mia presenza mi si scaglieranno letteralmente contro, costringendomi a un precipitoso brandeggio a due mani del lungo fucile per mettere in mira e colpire la più grossa delle due. Fabrizio rientrerà con un denticiotto da chilo e un cefalo. Nessuna preda per Paolo.
Trascorsa la notte a Centuri, decidiamo di sfruttare sul posto la giornata decisamente estiva. Io e Fabrizio prendiamo il tender e ci portiamo sulla verticale dell’estesa secca che si dipana verso il largo a partire dall’isolotto, dal quale invece bisogna mantenere, pena pesanti sanzioni, una congrua distanza.
I due Paoli ne approfitteranno per scendere a terra in canoa per una visita al paesino di Centuri, con le casette multicolori dei pescatori e i ristorantini raccolti attorno al porticciolo.
Ormeggiato il gommoncino alla meda che segnala il limite settentrionale della secca, ci distribuiamo su un fondale di 14, 16 metri, leggermente più fondo Fabrizio. Dopo un po’ di spostamenti in superficie e di tuffi esplorativi, incontro finalmente una zona che sembra fare pesce. Si tratta di un esteso pianoro con massi e lastroni distribuiti sulla prateria di posidonia, con agglomerati di mangianze (castagnole, boghe, occhiate) che lasciano ben sperare. Ecco infatti che i pescetti scartano all’unisono per far passare una coppia di tonnetti, veloci come il fulmine e impossibili da inquadrare. Poi è la volta di un branco di ricciolette sul quale effettuo una cattura.
Inizio anche a vedere i dentici, non grandi e apparentemente disinteressati, tuttavia la loro presenza è sufficiente ad alzare notevolmente il livello di adrenalina e il tono della pescata! Ecco che alcuni esemplari arrivano finalmente a tiro, però dietro sembrano arrivarne alcuni più grossi, forse sui 2 chili. Uno giunge a portata di tiro, ancora un attimo e…. Niente da fare: avrei dovuto sparare subito! In una frazione di secondo il branco ha scodato all’unisono, dileguandosi.
Ci riprovo: ecco di nuovo qualche denticiotto incrociare guardingo a distanza. Nessuno si avvicina, poi, rasente la posidonia, un testone scuro mi si avventa letteralmente contro. Questa volta non concedo alla preda alcuna possibilità. Scaglio subito il tiro che centra la ricciola, di qualche chilo, a metà corpo. Il bel pesce rimane sull’asta, ma la doppia aletta offre garanzie più che sufficienti, per cui lo lavoro tranquillamente dalla superficie sino a placarne la resistenza. Una bella pescata, indubbiamente, ma rientrando verso il tender scopro come Fabrizio abbia fatto decisamente meglio! L’ amico, sommozzando tra i 20 e i 22 metri, è riuscito a catturare dapprima due saraghi (tra i pochissimi sparabili avvistati nel corso della vacanza), poi un barracuda e, infine, un signor dentice, di almeno 5 chili, colpito a distanza siderale grazie al nuovo potente pneumatico sottovuoto.
Rientriamo trionfanti in barca per festeggiare assieme agli amici con una “cruditè” di ricciola preparata al momento, innaffiata da un sopraffino Sauvignon Blanc della Tenuta Villa Rovere, portato in barca dal Paolo “milanese” e tenuto in ghiaccio proprio per un’occasione del genere.
Incoraggiati dal risultato della mattina, ci organizziamo anche per un calasole, sempre sull'estesa zona di secche che si dipana al largo dell'isolotto di Centuri. Il momento “magico”, però, è ormai passato e questa volta il risultato è decisamente più misero: un denticiotto da chilo per Fabrizio e una riccioletta, l'ennesima, per me.
Epilogo alla Giraglia
La breve vacanza volge ormai alla fine e la mattina dopo, di buon’ora, leviamo l'ancora da Centuri per iniziare il rientro. Ma ci fermiamo in Giraglia per un'ultima pescata. Nessun problema, oggi, data la sostanziale calma di vento, ad ancorare a una distanza opportuna dal suo versante occidentale, su un fondale di 14 metri. Questa volta scendiamo in acqua io e Paolo, al quale lascio la nota secca collocata un paio di centinaia di metri a nord-ovest dell’isola. Io mi dirigo, invece, verso la punta sud, sempre mantenendo una distanza di sicurezza, almeno 20, 30 metri, dalle pareti, ben consapevole della presenza, alla sommità della Giraglia, di una videocamera di sorveglianza che, in caso di violazione, attirerebbe immediatamente sul posto, da Macinaggio, la veloce imbarcazione dei guardaparco.
A uno dei primi tuffi incontro parecchi saraghi piccoli frammisti a tanute più grosse, irresistibilmente attirate da un’elevata presenza di meduse “pelagia noctiluca”, di cui vanno ghiotte. Il muro di questi pesci viene improvvisamente bucato da un’orata che mi si dirige contro con decisione. Resto immobile e schiacciato al terreno e solo quando la vedo avere quell’attimo di esitazione che normalmente precede il dietro-front e la fuga, scocco il tiro. La prendo alta, verso la coda e il bel pesce, come da copione, si strappa: una ferita in una zona non vitale, che certamente guarirà.
Anche nel tuffo successivo la presenza di vita è notevole. Oltre ai saraghi, alle tanute e alle castagnole, ecco qualche cautissimo denticiotto. Mi godo lo spettacolo, nell’acqua limpidissima, quando in lontananza, sorvolando lentamente un panettone di roccia, compare un barracuda. E’ seguito da altri 3 o 4 esemplari, della stessa, discreta, pezzatura. Mentre il capofila si mantiene abbastanza lontano, quello subito dietro serra invece tantissimo le distanze, consentendomi un centro abbastanza agevole nonostante la sagoma sfuggente dell’animale.
Sono quasi arrivato in corrispondenza del vertice sud dell’isola, dove so tuttavia come la morfologia del fondale si appiattisca e già a una ventina di metri dalla parete si trovi soltanto posidonia. Decido quindi che farò ancora un paio di tuffi, prima di porre fine alla giornata e rientrare verso la barca.
Scendo su un fondale di 13,14 metri e porto l’aspetto voltato in direzione dell’isola, ove continuo a vedere concentrazioni di saraghi e tanute. Attendo invano che qualche pesce di taglia si avvicini, sinchè, guardandomi attorno, mi accorgo di qualcosa alle mie spalle: una ricciola, grande tanto quanto quella presa il giorno prima a Centuri, incrocia curiosa. Cercando di mantenere calma e fluidità di movimento, effetto una rotazione sul tronco di 120 gradi e la ricciola non solo non fugge ma addirittura mi punta. Nel momento in cui si gira premo il grilletto e questa volta il pesce va in sagola. Ormai è fatta, penso tra me. Grave errore in quanto la ricciola, che ha conservato intatto il proprio vigore e che non ho staccato tempestivamente dal fondo, va a rifugiarsi all’interno di una tana, come se fosse un dentice, creandomi qualche patema.
Vista l’impossibilità di recuperarla da galla, sono costretto a un tuffo supplementare per raggiungerla all’interno della spaccatura, infilarle una mano nelle branchie e finalmente portarla in superficie. Non ricarico nemmeno. Con il pesce ancora stretto in mano pinneggio veloce verso il nostro ancoraggio.
Ci attende la traversata di ritorno verso l’Elba, sotto il sole caldo di questo incredibile mese di ottobre.
Il filmato!
Canale youtube di Alberto Martignani
“Tre pesci” a capo Corso !