Sotto la guida tecnica di Tiziana Martinelli, il DT della nazionale femminile di pesca, dall’11 al 13 ottobre si è tenuto il secondo stage previsto dal programma, al quale hanno partecipato Maria Fanito, Cinzia Mora Cellis, Olga Tofan, Sonia Attilia, Guendalina Orlando e Alice Ferrari; Alberto Toniolo e Jacopo Verigni
Stefano Govi
La scelta della location è caduta sul Monte Argentario, in Toscana e oltre a Martinelli le partecipanti hanno potuto usufruire dei preziosi consigli del coatching Pietro Cudia.
«A cominciare dal venerdì siamo andate in acqua a fare cavo - ci ha raccontato Tiziana -. La prima giornata è stata dedicata maggiormente alla tecnica, agli esercizi di apnea, al corretto modo di affrontare il cavo a partire dalla capovolta, curando anche la gestione della compensazione. Sabato e domenica, invece, è stata la volta della pesca. Abbiamo formato dei gruppi, nei quali le ragazze si sono alternate lavorando in coppia, cosa che poi hanno perfezionato nella giornata di domenica. Ovviamente, le ho seguite tutto il tempo per correggere i piccoli errori dovuti all’inesperienza.
Un lavoro che ha portato ottimi frutti, in quanto la domenica le ragazze si sono espresse indubbiamente meglio, sperimentando nuove tecniche. Non dimentichiamo che per molte di loro si è trattato di scoprire metodi di pesca per molte di loro nuovi, in un mare sconosciuto, studiando attentamente la conformazione del fondale. Ho evidenziato anche l’importanza di saper “leggere” la costa per ottenere più informazioni possibili che torneranno utili per individuare i posti migliori».
A che profondità avete lavorato?
«Mediamente da zero fino a circa dodici metri per quanto riguarda la pesca, sul cavo invece abbiamo affrontato profondità leggermente superiori. A ogni conto, diciamo che sono stati sparati pesci a quasi diciassette metri».
Come ti è sembrato il gruppo?
«Fantastico, alcune di loro già mi conoscevano, altre lo hanno fatto in questa occasione. Comunque si è creato subito un bel feeling, una bella coesione. In definitiva, un lavoro leggero ma profondo, allentando la tensione magari nei tragitti tra uno spot e l’altro, per poi ritornare estremamente professionali una volta in acqua. Il tragitto tra l’ultimo spot di pesca e il porto è stato sfruttato per parlarci tra di noi, un briefing per approfondire tutte le tematiche. Alla fine momenti morti non ce ne sono stati».
Oltre all’attività fisica e alla pesca ci sono stati momenti dedicati al rilassamento?
«Certamente! Sono state tenute lezioni di kundalini joga mirate al gruppo grazie anche al fatto che sono insegnante di questa tecnica; sedute mirate sia all’apnea e quindi al potenziamento e la purificazione dei polmoni, di pari passo con la concentrazione, la meditazione. Infine, abbiamo cucinato i pesci catturati. Momenti di sana convivialità con un po’ di musica e quattro salti tutti insieme».
A Cudia abbia o chiesto qual era il suo ruolo in questo stage. “Era il coaching - ha risposto -, in pratica ho lavorato sulle emozioni, sul perché si va a pescare e sulle eventuali paure nell’affrontare un tuffo. Ad esempio, la realizzazione del tiro e il timore di non portare a compimento la cattura»
Come si sono svolte le giornate?
«Il primo giorno ho messo in difficoltà le partecipanti facendole scendere senza pinne, totalmente positive. Fuori dalla loro zona di confort, ma in assoluta sicurezza. La situazione le ha messe in gioco perché non abituate a immergersi tirandosi con le braccia, aspettando che la graduale negatività le aiutasse nella discesa. Situazione che le ha obbligate a dominare gli istinti, probabilmente non proprio adatti a quello che si andava a fare, ad ascoltare cosa materialmente succede in queste situazioni. Alla sera si è lavorato con attività di riconoscimento dei canali di percezione e, successivamente, abbiamo cercato di portare avanti un piccolo disegno incentrato su obiettivi, abilità che servono, padronanza delle attività e altro ancora. In pratica, la mia figura in questo stage era mirata al riconoscimento dei propri limiti e di cercare di avere un approccio diverso a quello che è il proprio istinto o, perlomeno, le proprie abitudini, per cercare di capire in che modo poterle cambiare. Nulla di drastico, certo, ma iniziare a pensare gradualmente a un cambiamento».
Un consiglio al gruppo oltre a quelli già elargiti?
«Ho notato che le ragazze sono sulla strada giusta. C’è bisogno di amplificare le loro emozioni. In acqua è tutto amplificato, fatto che gli permette comunque di accorciare quei tempi che sulla terra ferma aquisisci soltanto con esperienze più lunghe e con il passare del tempo. Quindi l’acqua accorcia il tempo per poter riconoscere quelli che sono i propri limiti, le proprie paure e capire in che modo superare tutto ciò».