Tre giorni sui lontani banchi a nord delle isole di Cabo Verde, dieci e più ore a girovagare per “posti da marlin” con la muta addosso, pronto a scendere in acqua al minimo segnale. Ma niente. Solo un paio di esemplari formato cuccioli. E il sogno di un anno intero svanisce    

“Ce n’è uno qui sotto. E grande! …a 75 metri…”.

La voce di Giorgio irrompe improvvisa nella colonna sonora delle ultime ore, fatta del rombo sordo del motore, degli schiaffoni delle onde contro la murata e del vento che sibila contro il nylon teso sugli outrigger.

Prendo parte a una spedizione di tre giorni, organizzata solo per me, sui lontani Banchi a nord delle isole di Cabo Verde. Venticinque miglia a nord dell’isola più settentrionale dell’arcipelago, Santo Antão; da un fondale di oltre duemila metri, vengon su due picchi vertiginosi. Sul Gps cartografico le batimetriche, anche con un forte ingrandimento, sono così vicine che sono solo linee vicine, impaccate le une quasi sopra le altre. Schizzano su quasi a 30 metri, con un plateau tormentato, riprecipitano fin quasi a mille metri, e cinque miglia più in là balzano su di nuovo fino ai quaranta o poco meno.

C’è letteralmente di tutto. Nella mancanza di una flotta professionale di pescherecci, questo è territorio di prelievo solo per i pescatori locali che osano avventurarsi fin qui con le loro barche in legno, vetroresinate, pesanti, spesso con due motori per sicurezza ma di potenza e marca differenti, imbullonati vicini, vicini sullo specchio di poppa, a pescare con la lenza a mano. Oppure dei mostri da pesca d’altura come quello su cui sono imbarcato ora.

A terra, prima di partire, Giorgio mi diceva che l’ultima volta che era venuto a pescare da queste parti, quattro giorni prima, in una giornata avevano “fatto” più di ottanta ricciole atlantiche, una ventina di wahoo, tanti tonni, anche se piccoli. Tutti o quasi, tranne un paio di pesci per la cena, rilasciati. Tutto pesce perciò che è ancora, in questo momento, qui sotto…