Rappresentano l’eccellenza di Cetma Composites, due modelli molto diversi tra loro come concezione ma entrambi ai vertici di ciò che offre il mercato. Le abbiamo testate a lungo in mare e in piscina rimanendone davvero colpiti dalle performance
Filippo Carletti
Abbiamo avuto modo di testare i due modelli di punta della Cetma Composites, le Taras e le Lotus Carbon, due pinne molto diverse tra loro ma che si pongono entrambe ai vertici del mercato.
Iniziamo dalle Taras.
Le linee stondate e la loro forma morbida richiamano prototipi futuristici, le curve degli aerei e delle auto di lusso e, non ultimo, l’elemento acqua.
Solo guardarle è un piacere. La scarpetta chiusa ricorda in qualche modo il dorso dei delfini, la loro eleganza e acquaticità. La pala è più corta rispetto ai modelli più diffusi di Cetma Composites, la scarpetta è più grande e anche visivamente più ingombrante.
Pala e scarpetta sembra che siano state fuse insieme per non lasciarsi mai più. Una volta presa in mano, la pinna stupisce per il peso concentrato sulla parte della calzata, e non si può non sorridere scorrendo il dito lungo le linee morbide e lisce che da carbonio si trasformano in gomma. E non certo la solita gomma…
Andiamo perciò in piscina a provarle sulla dinamica e iniziamo dando i numeri. Il mio tempo di percorrenza medio sui 25 metri è di 21, 22 secondi a vasca, diventato 18 basso una volta messe al piede le Taras per la prima volta.
Indossarle e portarle fa sicuramente parte del gioco. Il piede aderisce molto bene alla scarpetta, motivo per cui queste pinne sono sicuramente da competizione, ma difficilmente possono essere comode per un’intera sessione di allenamento. Ma è la scotto da pagare se si vuole una fuoriserie…
La pinneggiata è interessante e particolare, ed è divertente scoprire qualcosa in più, vasca dopo vasca, come si farebbe con una macchina sportiva nuova testandola su un circuito. Le Taras chiedono una pinneggiata molto stretta. Anzi, la pretendono. In un attimo è chiaro il senso della scarpetta più pesante.
In movimento, quando siamo in assetto, le scarpette trovano il loro baricentro e lì restano. Una pinneggiata più ampia porterebbe la gamba a stancarsi facilmente, invece, facendo lavorare bene le caviglie, le pinne spingono (decisamente spingono!) quasi senza disturbare i muscoli più grandi della gamba. La scarpetta trasmette perfettamente lo sforzo alla pala e ho come l’impressione che il suo bilanciamento aiuti a mantenere la streamline anche in fase di glide. Anche la larghezza della pala è perfetta, lasciando un margine minimo che impedisce ai water rail di toccarsi e usurarsi tra loro.
L’inclinazione della pala e la sua intersezione con la scarpetta fanno quasi pensare che siano diventate parte del proprio corpo, rendendo apneista e attrezzatura una cosa sola.
In profondità, le sensazioni non cambiano ma si accentuano.
La pinneggiata anche qui sembra già decisa, stretta e ritmata se si vuole ottenere velocità, con la pala che si flette a S senza mai creare quel momento di stasi sul cambio di gambata tipico delle pinne che richiedono falcate più ampie.
Quello che stupisce è la forza che dal piede passa alla pinna, senza la minima dispersione, con la pala che non derapa e si assesta su binari invisibili, se possibile correggendo alcune imperfezioni di azione.
Sbagliare tecnica e fare fatica con le Taras è senz'altro possibile, ma una volta capito quello che l’attrezzatura ti chiede, si comprende subito perché qualcuno le definisce “le pinne dei record”.
Non ci sono dubbi che le top di gamma di casa Cetma Composites riescono a mettere l’accento sulla prestazione, portandola su un altro livello, in parte a discapito del comfort. Qui è l’apneista ad ascoltare le pinne, che comandano i movimenti garantendo risultati di livello assoluto.
Le Lotus Carbon sono pinne da profondità. Togliendole dalla scatola, controluce, si intravvedono le V sulla pala che indicano lo spessore differenziato del composito. Mentre per le Taras la sensazione è di avere un corpo unico che si fonde con la gamba, le Lotus Carbon permettono una maggiore elasticità di utilizzo, con la pala che si può separare dalla scarpetta.
Prese in mano prendono vita, con il carbonio che si flette e torna in posizione per poi flettersi ancora e ondeggiare, mentre le giro e ne studio ogni dettaglio. Sì, forse ricordano vagamente le Mantra. Ma sono chiaramente più morbide ed elastiche, in grado di sfruttare al meglio la DRS (Dynamic Resonance System).
Mareggiata dopo mareggiata, il mare continua a lasciarmi fuori dall’acqua, ma la curiosità è troppa e allora per sondare le prime sensazioni decido di fare un salto in piscina per testarle in dinamica. La calzata è davvero comoda. Sono chiaramente pinne che si possono portare per interi allenamenti e sessioni in mare.
Mi preparo, prendo bene aria, affondo, spinta e parto. Non le sento. Questo è stato il mio primo pensiero. Cerco di variare l’ampiezza della falcata per capirci qualcosa in più e forse trovo la quadra. Le Lotus Carbon si fanno sentire adottando pinneggiate di ampiezza ridotta e con alta frequenza. Ma il dato che sorprende è che la pinneggiata, ampia o meno, sentendo la pala o no, spinge. E non poco!
Quando le portiamo in profondità ci accorgiamo della loro vasta possibilità di utilizzo. Infatti, si prestano anche a una pinneggiata più ampia e rilassata, ma esprimono senza dubbio tutto il loro potenziale quando andiamo a chiedere quel qualcosa in più durante la risalita. In questa fase, accorciando la gambata e gestendo bene la caviglia, sentiremo la pala lavorare di più, proprio per la sua capacità di spostare più acqua con un ritmo più serrato e un'ampiezza di falcata che mantiene le gambe in sagoma durante la discesa e la risalita.
Sono sicuramente pinne progettate per la profondità, ma la comodità della scarpetta può renderle adatte alla pesca a quote impegnative, a segnale e all’aspetto, rendendo più agevoli risalite che mettono alla prova persino la gamba più allenata.
Ho trovato che le Lotus Carbon “ascoltano” molto la pinneggiata di chi le indossa, rendendo al massimo quando il feeling tra apneista e attrezzatura si consolida, ma mantenendo la propria efficienza anche quando decidiamo di variare il passo e adottare uno stile differente.
Dopo diverse sessioni in piscina e altrettante in mare ho tirato le mie conclusioni. Taras e Lotus carbon rappresentano l’evoluzione del concetto di pinneggiare. Se le Taras istruiscono l’apneista sul modo in cui esse devono essere sfruttate, le Lotus Carbon seguono i movimenti di chi le indossa, accompagnandolo in ogni suo movimento, pronte a rendere al massimo appena si presenta la necessità.
Con questi modelli si esce dalla concezione delle pinne con pregi e difetti per entrare nel mondo delle pinne progettate per uno scopo: le Taras sono senz'altro nate per le gare, così come le Lotus Carbon sono a tutti gli effetti compagne fedeli per la profondità