E’ il primo di una serie di articoli scritti dal vice Campione del mondo e atleta di punta della nostra nazionale. Nel “suo angolo” ci racconterà di catture, di posti, di episodi capitatigli in tanti anni di gare e di mare. Oggi tratta del “dietro le quinte di una trasferta”
Luigi Puretti
«Siamo in piena fase organizzativa del Campionato Euro-Africano, che si svolge in Turchia, nel Mar di Marmara, in questo mese di maggio, poco prima dell’Assoluto. E questa è una novità. Infatti, le ultime due competizioni si erano tenute in autunno. Una fase sempre complessa, non semplice, per uno sport come il nostro che, non dimentichiamolo, è dilettantistico. Non siamo certo calciatori. Loro hanno tutto organizzato alla perfezione; scendono dall’aereo e devono pensare solo alla partita. Per noi è diverso, complicato, a volte avventuroso. E questo nonostante possiamo contare su una federazione tra le più strutturate esistenti, che ci copre tutte le spese di viaggio, vitto e alloggio. Ovviamente, il budget non è illimitato e siccome ognuno può preparare per quanto tempo vuole, occorre ottimizzare le risorse. Soprattutto alla luce del fatto che, con l’avvento delle donne, siamo arrivati a una quindicina di persone per ogni trasferta, tra atleti, barcaioli, assistenti, Ct, accompagnatori. Non poco, quindi. Alcuni atleti possono decidere di partire prima dell’inizio della preparazione ufficiale, in maniera autonoma, poi ci si ritrova con il resto del gruppo.
«C’è da dire che le ultime due trasferte sono state davvero impegnative, mi riferisco al Mondiale in Spagna, a Laredo e all’Euro-Africano in Tunisia, a Biserta. Posti davvero distanti, che hanno richiesto un lungo viaggio. A maggior ragione poiché io e anche altri miei compagni preferiamo portarci il nostro gommone, per due motivi. Primo perchè affittarne uno sul posto per un periodo lungo diventa parecchio costoso, secondo perché sono più tranquillo a disputare la gara con il mio mezzo, che so essere perfettamente affidabile, con il motore efficiente e, soprattutto, perché ho così a disposizione la mia strumentazione elettronica, che per me è insostituibile e fondamentale.
«Come dicevo, si è trattato di trasferte molto impegnative. L’ultima, quella di Laredo, ha richiesto più di 50 ore di viaggio, anche se è stato agevole. Sono partito con la mia macchina dalla Puglia alla volta di Civitavecchia, sono 750 chilometri; da lì ci siamo imbarcati, con il mio assistente, Alfonso Cubicciotto, per Barcellona e sono state altre 24 ore di viaggio. Infine, 700 chilometri per raggiungere Laredo. Quindi, 1500 chilometri in macchina, più 24 ore di traghetto, però in condizioni agevoli, con strade tranquille e buoni servizi. Abbiamo attraversato il Meridiano di Greenwich, ci siamo alternati alla guida e tutto è filato liscio. Anche grazie all’affiatamento che c’è con Alfonso. E questo è fondamentale. L’assistente, infatti, deve essere ovviamente un forte pescatore, un bravo preparatore, ma soprattutto deve essere una persona con cui instaurare un bel rapporto. Occorre andare d’accordo, condividere i momenti positivi e superare assieme quelli negativi. Altrimenti il viaggio diventerebbe insopportabile e dopo tre giorni la “coppia scoppia”. Mi piace rimarcare questo concetto perché è fondamentale. Durante l’ultima trasferta, quella in Spagna, con Alfonso e con Andrea Fazzolari non c’è mai stato il benchè minimo screzio, la minima discussione. Abbiamo lavorato in armonia e nessuno si è mai tirato indietro, anche quando eravamo stanchi, quando magari non avevamo trovato pesce. E questo è per me fondamentale, come è ovviamente fondamentale il ruolo del barcaiolo in gara.
«La trasferta in Tunisia è stata più corta, però più travagliata. Il trasferimento in nave non è stato piacevolissimo e una volta sbarcati a Tunisi abbiamo percorso circa 150 chilometri alla volta di Biserta. E lì ne abbiamo passate di tutti i colori. Sbarcati dalla nave ci hanno fatto diecimila controlli, ci hanno letteralmente smontato la macchina e il gommone, richiedendoci un sacco di permessi, per il Covid, per il carrello, per il motore, per il mezzo nautico, per l’assicurazione. E ogni cosa aveva il suo prezzo. Per farla breve, siamo sbarcati alla mattina e siamo riuscito a lasciare il porto solo in serata. E, come se non bastasse, durante il viaggio ho danneggiato la chiglia del gommone; un rullo del carrello l’aveva crepata. Risultato: abbiamo passato tutta la notte a sverniciare la chiglia e la mattina seguente a girare per Biserta a cercare della vetroresina per ripararla. Puoi immaginare il nostro stato emotivo. Eravamo in un posto che non conoscevamo e dovevamo riparare il danno fatto, oltretutto con strani personaggi che ci giravano attorno mentre
lavoravamo, probabilmente per rubarci il gommone. Non solo. Siamo dovuti andare alla Polizia Marittima a dichiarare tutto ciò che c’era a bordo di valore, la strumentazione elettronica, e lì altro tempo perso.
«Insomma, solo dopo 4 giorni, nel pomeriggio, sono potuto finalmente andare in mare; era tardi e ho voluto soprattutto cercare di rilassarmi e lasciare alle spalle i problemi degli ultimi giorni. Sono stato in acqua neanche due ore, ma mi sono servite psicologicamente. Questo per ribadire quanto detto prima, e cioè che non siamo calciatori ed è dunque importante sapersi arrangiare, avere la giusta predisposizione mentale per superare gli imprevisti senza che la prestazione in gara ne risenta.
«C’è poi l’aspetto legato all’adattamento agli usi e ai costumi locali. E si sa che per noi italiani non è semplice abituarci alla loro cucina, anche se nel resort in Tunisia una parte dei piatti non era magari eccelsa, ma comunque accettabile. Quindi, sotto questo aspetto è andata meglio del previsto. In compenso, l’acqua del lavandino, per lavarci i denti e quella della doccia, ci hanno creato qualche problema e l’abbiamo capito solo dopo alcuni giorni. Tutti abbiamo infatti sofferto di dissenteria causata proprio dell’acqua.
«In Spagna, anche se può sembrare strano, la cucina del resort era davvero pessima. Per fortuna avevamo preso l’abitudine, alla mattina, in porto, prima di andare di mare, di fermarci in un negozio a comprare del pane e dell’ottimo prosciutto, il Jamon serrano, con il quale riuscivamo a tirare la giornata. Certo, abbiamo fatto la cura di prosciutto, però ci ha risolto in parte il problema.
«Venendo alla trasferta di maggio in Turchia, si preannuncia non semplice. Partirò con il gommone al seguito da Brindisi per sbarcare a Igumeniza, in Grecia; da lì c’è da decidere se affrontare un migliaio di chilometri fino al Mar di Marmara, su questo arcipelago di isole dove si disputerà l’Euro-Africano, oppure attraversare la Grecia, proseguire in traghetto fino a Istambul e percorrere un altro tratto di circa 200 chilometri.
«Si tratta di un posto poco turistico, abbastanza periferico, ragion per cui occorre pianificare tutto nei particolari. Ad esempio, stiamo verificando che ci siano distributori di benzina poiché ogni giorno bisogna fare il pieno al gommone e i porticcioli, essendo molto piccoli, non hanno la pompa per i rifornimenti. Poi c’è il discorso legato all’alloggio. L’ideale sarebbe trovarlo al porticciolo per evitare di farsi magari 30 o 40 chilometri in macchina ogni giorno, però dobbiamo ancora capire se ci sono sistemazioni adatte a ospitare tutta la squadra. Ci stiamo lavorando e sono sicuro che alla fine tutti i tasselli saranno al loro posto. Confido nella nostra esperienza e in quella della federazione per riuscire a organizzare questa trasferta al meglio, che non sarà per nulla facile anche in acqua. Sono infatti posti sconosciuti, dobbiamo ancora capire quale tecnica adottare, quale strategia, quali pesci saranno importanti per puntare alla vittoria. Ma questa è un’altra storia.
«Ciao ragazzi, alla prossima e continuate a seguirci!»