Questo mese il campione ci racconta di come è riuscito a risolvere i problemi di compensazione che lo affliggevano da diversi anni e gli impedivano di fare più di una decina di tuffi nell’arco di una giornata
Luigi Puretti
Questo mese voglio parlarvi di un argomento che è ancora tabù o quasi per i pescatori: la compensazione. Infatti, nel mondo dell’apnea sono stati fatti passi da gigante, sia per quanto riguarda l’evoluzione tecnica sia la divulgazione e la didattica, mentre tra di noi rimane una materia ancora pressochè sconosciuta e, comunque, molto sottovalutata. Un argomento che mi sta particolarmente a cuore in quanto ho sempre sofferto di problemi importanti all’orecchio destro. Basti pensare che, essendo una materia molto specialistica, per oltre 20 anni mi sono rivolto a decine di medici e otorini e fatte anche diverse operazioni: stent tubarico, la correzione del setto nasale, ho ridotto i turbinati; ha inoltre assunto una gran quantità di medicinali, ho fatto tantissimi aerosol, ma non è successo nulla. Senza voler screditare le competenze di ognuno, probabilmente si tratta di una branca inesplorata della medicina e, come detto, davvero specialistica, quindi meno conosciuta rispetto ad altre.
Dopo il mio lungo calvario, sono giunto alla conclusione che la maggior parte dei problemi non dipende da problemi anatomici, quanto da carenze della tecnica compensatoria; certo, ci sta anche chi soffre di patologie ben precise, ma è la stragrande minoranza.
Ora vi espongo una serie di problematiche di cui ho sofferto e sono certo che molti di voi ne hanno avute di simili. Premetto che nella vita di tutti giorni non accuso alcun problema. Da visite ed esami effettuati, infatti, non sono affetto da alcuna patologia particolare. Però, nonostante ciò, compensare è sempre stato parecchio difficoltoso. Vi spiego cosa mi accadeva.
Durante le prime discese la compensazione era ok, poi mano a mano si faceva più difficoltosa e iniziavo a sentire i primi classici rumori, in discesa e anche in risalita, con un parziale blocco, soprattutto in risalita. A fine pescata la Tuba di Eustachio era parzialmente, oppure completamente chiusa, impedendo la compensazione a volte per giorni. Oppure, dopo due o tre giorni di pesca intensa mi si bloccava.
La situazione era diventata drammatica al punto da non riuscire a completare più di una decina di tuffi ed ero costretto a uscire dall’acqua. E allora via di antiinfiammatori per sgonfiare la tuba.
Come dicevo, sono certo che tanti di voi accusano i miei stessi problemi. Ora, il mio ragionamento è il seguente. Se all’inizio tutto funziona, significa che non ci sono problemi o patologie particolari, altrimenti non si riuscirebbe a compensare fin da subito. Vuol dire che ci deve essere una causa scatenante e questa, nella stragrande maggioranza dei casi, è un’errata tecnica compensatoria.
Soprattutto in passato, ma anche in questi ultimi anni, il pescatore compensa nella stragrande maggioranza dei casi in maniera istintiva. Lo dimostra il fatto che se gli chiedi che movimenti fa con la lingua, con il palato molle, con la glottide, come sta traslando l’aria dai polmoni verso le vie aeree superiori, lui non saprà risponderti. Questo significa una sola cosa: che gli mancano le basi per iniziare un percorso di miglioramento della compensazione.
Dovete sapere che un’errata tecnica causa traumi alla tuba più debole (oppure a entrambe), che dopo pochi tuffi si infiammano, si ingrossano e non fanno più passare l’aria. Paradossalmente, è più difficile migliorare per un sub navigato rispetto a un neofita poiché le sue abitudini sono così radicate da essere difficili da mutare. Insomma, un bel problema.
I principali errori che si fanno sono diversi. Si va da tenere subito la lingua in posizione H, aprire la glottide totalmente o anche parzialmente, perdendo così il carico di aria, oppure si compensa in ritardo, solo quando si comincia a sentire dolore o si esercita una pressione eccessiva durante la manovra. A seconda della gravità della situazione, basta correggere uno o più di questi errori per avere miglioramenti immediati.
Per me è stato difficile rimediare ai miei errori in quanto venivo da anni di pratica non corretta. Giocoforza, sono stato costretto a imparare una nuova tecnica per poter tornare in mare, si chiama Frenzel avanzato, con la quale riesco ad aprire la tuba già in superficie, prima di scendere; da quel momento in poi, tenendo una pressione costante, la tuba non si chiude più. Mi sono così messo alle spalle il Frenzel sequenziale, quello classico, che usavo e che ha il limite di portare a una continua chiusura e apertura della tuba. Il risultato è che se perdiamo l’attimo giusto la compensazione dovrà essere più violenta per risultare efficace.
Teniamo presente che ognuno di noi è fatto in maniera diversa e dunque non esiste un modo unico per compensare e arrivare al risultato finale. Innanzitutto, il mio consiglio è di partire dall’a, b, c e provare a correggere i propri errori e solo dopo entrare nel dettaglio. Ma come ci si arriva a questo punto?
Purtroppo, va detto, non è un percorso facilissimo e immediato. Occorre dedicare alcune sessioni a secco e in acqua per lavorare esclusivamente sulla tecnica. Per farlo bisogna abbandonare il fucile e concentrarsi solo sulla compensazione. Io stesso all’inizio non lo facevo e i risultati stentavano ad arrivare.
Tenete presente che, l’ho sperimentato sulla mia pelle, si tratta di un percorso quasi impossibile da svolgere come autodidatti. Occorre appoggiarsi a un istruttore (in Italia ce ne sono tanti), che ci farà un check generale per far emergere i nostri errori o le nostre patologie e ci preparerà in base a ciò a un percorso formativo che ci porterà a migliorare tantissimo la nostra efficienza.
Negli ultimi anni sono nati diversi corsi, impostati a distanza, dove il materiale viene spedito a casa e tramite delle call l’istruttore riuscirà a seguire l’allievo. Il vantaggio delle video call è che si può procedere step by step; si lavora su uno, due o tre esercizi, provandoli per una settimana, dieci giorni e quando si è pronti si ricontatta l’istruttore per passare allo step successivo.
Sul mercato esistono poi strumenti fondamentali per aiutarci a migliorare la compensazione. Il principale è l’Otovent, che trovate in tutte le farmacie. Consente di allenare alcuni distretti e di prendere coscienze e utilizzare il palato molle come ste stessimo usando le dita.
Insomma, risolvere i problemi legati alla compensazione non è nè facile né immediato, però vi posso assicurare che in questo modo ci sono riuscito, cosa che, invece, non ero stato in grado di fare con i farmaci e gli interventi chirurgici. E lo stesso è accaduto a diversi miei amici che mi avevano chiesto consigli.