Questo mese vi parlo di un argomento sulla bocca di molti, la pesca profondo con il piombo mobile, una tecnica che ha diviso agonisti e semplici appassionati in due fazioni distinte: i favorevoli e i contrari. Io la pratico da una decina di anni e mi piace tantissimo. La trovo rilassante e molto meno faticosa, però va approcciata con metodo, senza fretta. Altrimenti il pericolo è in agguato
Luigi Puretti
Buongiorno ragazzi, questo mese vi voglio parlare di un argomento che “scotta”. Sì, perché la pesca profonda con il piombo mobile è sulla bocca di tutti ed è quanto di più divisivo io conosca. Un argomento che ha fatto e fa molto discutere sia gli amatori che i garisti e che ha creato due fazioni opposte: favorevoli e i contrari. Certo, ognuno è libero di pensare ciò che vuole e avere le sue teorie, ciò che comunque ritengo sempre sbagliato è scadere negli estremisti, oppure restare legati a vecchie posizioni e non ascoltare e valutare le evoluzioni che la nostra disciplina ha avuto nel corso degli anni. Mi ritengo una persona attenta ai cambiamenti, che studio e valuto con attenzione. E trovo che questo sia l’atteggiamento corretto. Poi ognuno farà le proprie considerazioni e trarrà le proprie conclusioni.
Premesso ciò, tanti sanno che pesco in variabile con una certa frequenza e da parecchio tempo, direi da almeno una decina di anni e ho pertanto maturato un grosso bagaglio di esperienza positiva, con anche qualche episodio negativo, che sono poi quelle che ti formano, e non ti fanno commettere più certi errori. Negli sbagli ci sono cascato pure io, con l’incidente dello scorso anno e dunque penso di avere qualcosa da insegnare.
Intanto, non capisco le persone che dicono che io, ad esempio, so pescare solo con il piombo mobile, quando i miei migliori risultati li ho ottenuti a Castelsardo nel 2016 e a Marsala nel 2019 vincendo due Assoluti pescando in maniera tradizionale; lo stesso dicasi per il Mondiale di Varedo, nel quale sono arrivato secondo senza mai usare il piombo. Discorso che vale per me ma anche per altri atleti. Trovo infatti negativo etichettare una persona senza conoscerla.
Ammetto di essere un amante della pesca profonda, soprattutto in estate. Una volta scendevo con il piombo pure in inverno, però ho smesso a causa dell’acqua torbida e gelata, con la giacca da 9 millimetri che si schiacciava oltre i 30, 40 metri e così, dopo una decina di tuffi ti ritrovavi a battere i denti e a smettere per il freddo.
Vorrei dire che non vedo il tuffo profondo come una performance atletica, fisica, quanto come una necessità. Il mare è cambiato (e continuerà a farlo nei prossimi anni) ed è diventato gioco forza scendere di più rispetto a una volta per trovare il pesce. A tutti piacerebbe vedere i dentici in 10 metri d’acqua, le cernie in tana a 12, ma ciò non accade più da anni e dunque siamo stati costretti ad aumentare le nostre quote operative. Altrimenti si cappotta!
Aprirei una parentesi sui vantaggi e sugli svantaggi di questa tecnica. Tra i vantaggi metto una riduzione drastica della fatica, soprattutto nelle gambe. Nulla a che vedere rispetto a fare su e giù, magari in inverno, a 20, 30 metri in costante per 4 o 5 ore di seguito. Ricordo che nel 2010, quando pescavo a 30 metri sempre, mi ritrovavo a fine stagione, dopo 3 mesi d’acqua, a pesare 12, 14 chili in meno. Le gambe erano minuscole, praticamente sparite nonostante mangiassi tantissimo. Da quando invece uso il piombo ho stabilizzato la massa muscolare senza perdere troppo peso. E poi c’è il fattore sicurezza. Si risale con meno chili, dunque con minor fatica e in caso di problemi (sorgono sempre nei metri finali) siamo positivi e dunque usciamo comunque dall’acqua per inerzia. Mi è capitato di soccorrere una persona he era andata in sincope fonda, sui 15 metri, ma per fortuna era scarichissimo di zavorra e per abbrivio è arrivato a galla, così sono riuscito a individuarla e a recuperarla con il gommone. Se non fosse giunto in superficie non so come sarebbe finita.
Questi sono i vantaggi, e non sono di poco conto, però una cosa è fondamentale per evitare di trasformare questa tecnica in qualcosa di estremamente pericoloso. La parola fondamentale è: tempo. Prima solo di guardare il piombo mobile è necessaria una gavetta di pesca tradizionale. Intanto perché non dobbiamo pensare che in profondità i pesci siano stupidi (forse lo erano una volta…) e sia per una questione di abitudine a quelle quote. Difficile dare delle tempistiche; tenete però presente che io ho iniziato con il piombo mobile dopo una ventina di anni passati in mare in modo tradizionale.
La tecnica del piombo mobile va a braccetto con un uso importante della strumentazione elettronica, che a certe profondità e con il mare torbido è indispensabile. Ecco perché la ricerca fuori dall’acqua è diventata fondamentale e se a qualcuno può magari apparire noiosa io la trovo invece emozionante, parte integrante dell’azione di caccia. C’è il gusto della scoperta, di scovare zone vergini. Certo, non è facile rimanere per ore e ore incollati allo schermo, magari sotto il sole d’agosto oppure di notte nella speranza di trovare la zona buona. Però la soddisfazione di marcare un posto vergine è impagabile. Cosa sempre più difficile (se non impossibile) in alcune parti d’Italia. A me dà una soddisfazione enorme, in alcuni casi è pure superiore alla cattura stessa poiché mi fa sentire una sorta di pioniere, così come lo sono state quelle persone, 30 o 40 anni fa, che incappavano facendo paperino in un catino di roccia immerso in chilometri di alga.
La ricerca di questi posti richiede un lavoro lungo, meticoloso e davvero paziente. Però, la prima discesa su uno di questi spot è qualcosa di unico, difficile da descrivere a parole. La primissima discesa che ci porta su un posto del genere è indimenticabile. Un posto che non ha mai visto l’uomo. E infatti, anche se lasceremo riposare quello spot per mesi, anche per un anno, quando ci torneremo non sarà mai come la prima volta.
Non per niente quando si trova una di queste pietre si fa sempre a gara a chi debba scenderci per primo. Non tanto per la cattura, quanto per lo spettacolo che si presenta davanti alla maschera.
Su questa cosa ho cercato di trovare una spiegazione logica, però non ci sono mai riuscito. Non mi spiego come i pesci siano in grado di comunicare tali informazioni. Posso capire se da un branco di trenta corvi ne prendi 5, gli altri si mettono in allarme e cambiano atteggiamento. Ma se, ad esempio, ci sono 3 cernie e le prendi tutte, le informazioni non passano, però se ci ritorni anche a distanza di anni il posto non sarà più come prima.
E questo va un po’ in controtendenza rispetto a quanto ci raccontavano i vecchi pescatori: “spara solo a uno o due pesci sotto a una lastra e quella continuerà ad attirare altre prede”, dicevano. Ora non è più così. Ne prendi solo uno di questi pesci e il posto non richiamerà più altra vita.
Per farvi capire quanto ci tengo a questa fase di ricerca, vi dico che a ogni pescata dedico sempre un po’ di tempo alla ricerca di posti nuovi. E se l’uscita dovesse andare bene e riuscissi a chiudere subito i 5 chili consentiti dalla legge, il resto della giornata lo passerei a cercare.
Per chi non lo sapesse, pescando molto fondo i tuffi variano da 10 a massimo 25 al giorno; considerate che oltre i 40 metri faccio al massimo 10 tuffi: per una questione legata alla sicurezza. Poiché non abbiamo ancora sufficienti informazioni scientifiche per fare le cose in scioltezza, occorre essere molto conservativi su questo aspetto. Con il piombo mobile i tempi di recupero si allungano tantissimo rispetto, ad esempio, a quando si va arazzolare sui 15 metri. Si parte da un minimo di 8 minuti per arriva anche a 15, 20 tra una discesa e l’altra. Oltretutto, fatti 3 o 4 tuffi a quelle quote, mi prendo una pausa di un’ora, un’ora e mezza, durante la quale lascio scendere in mare il mio compagno.
C’è poi un altro aspetto che è altrettanto importante. Parliamo di un tipo di pesca nella quale occorre calma e concentrazione; meglio due minuti in più ma facendo le cose con calma, senza fretta. Serve rilassamento e concentrazione; ad esempio non mi piace parlare prima del tuffo, meglio in navigazione o durante il rientro, quando sistemiamo il gommone. Mi piace godermi l’attimo in intimità, il mare calmo, il sole basso sull’orizzonte, la quiete assoluta. Mi rilasso, mi concentro e preparo la discesa senza alcuno stress.
Con il motore di prua è diverso. Tendo a stare in acqua a ventilarmi; all’inizio la cosa mi turbava un po’. Ventilare intanto che il battello tiene il punto e i pesci sono sotto le pinne non lo trovavo semplice, era come se si rompesse l’incantesimo, poi però ci ho fatto l’abitudine.
Per concludere, trovo la pesca con il piombo meno faticosa e davvero rilassante, tuttavia la linea di demarcazione tra questo e l’andare oltre è molto sottile. E qui viene in aiuto l’esperienza accumulata in decenni. Ecco perché dico che si tratta di un tipo di tecnica da non improvvisare ma da assimilare step by step, senza fretta.
Allora ci si potrà godere momenti davvero indimenticabili. Come capita a me!