A un anno esatto riviviamo uno dei viaggi di pesca più belli in una delle mete più ambite tra i pescatori di tutta Europa
Federico Rais
Ormai le mete europee sono abbastanza consolidate. La Sardegna e la Corsica, assieme a qualche isola minore, restano le mete più affascinanti del Mediterraneo, sia per la limpidezza delle acque che per la possibilità di potersi immergere a qualsiasi quota e con tutte le tecniche. Isole adatte agli esperti, ma anche ai neofiti o a chi non ha la fortuna di vivere in zone dell’Italia dove il mare permette di entrare in acqua pure nei periodi invernali. Insomma, resta la palestra ideale, ma anche il posto più facile dove poter organizzare una breve vacanza. Ma chi è sardo? Chi ha la fortuna di vivere in posti simili, cosa sogna? Dove vorrebbe organizzare una vacanza con i propri compagni e alzare magari l’asticella?
La risposta è solo una: l’oceano! Certo, a tutti piacerebbe partire per mari tropicali ricchi di pesce e acqua cristallina, però dobbiamo fare i conti con il portafoglio e con gli impegni lavorativi e familiari. È qui che la nostra generazione, cresciuta con i voli “low cost”, deve mettere in moto la fantasia e l’esperienza maturata in anni e anni di trasferte con tariffe basse, ma spesso complicate.
Fare un viaggio di pesca in oceano, partendo dalla Sardegna, diventa ancora più complesso. I voli sono quello che sono, le coincidenze sempre meno e per evitare che si spenda un intero stipendio di soli trasporti bisogna davvero pianificare tutto al meglio. La scelta di uno spot diventa pressoché impossibile e difficilissima da concretizzare, ma da sempre ho sentito parlare dello Stretto di Gibilterra come un vero paradiso. Basta andare su YouTube per rifarsi gli occhi con video spettacolari di pesci enormi in fitti branchi.
Il sogno del pescatore
Da sardo, abituato ai pesci mediterranei, ho sempre sognato di poter catturare quel sarago faraone o quei grossi sparidi che somigliano tanto ai paraghi mediterranei visti nei video in rete, a costo di sacrificare un po’ la qualità dell’acqua, ovviamente accompagnato dai miei compagni di avventure con cui poter condividere giornate in mare e tutte le bellezze culturali che solo un viaggio all’estero ti può regalare.
I sogni, come tali, impiegano mesi (se non anni) prima di potersi realizzare. Spesso è bello immaginarli proprio perché le mete restano difficili o quasi irraggiungibili, ma soprattutto bisogna trovare l’incastro giusto per far si che avvengano. Ma da un giorno all’altro mi si materializza la possibilità, o meglio la scusante, per poter realizzare questo mio piccolo sogno chiamato oceano.
Il mio socio e amico fraterno Jack Cubeddu mi comunica che a distanza di pochi mesi convoglierà a nozze e vorrebbe fossi io il suo testimone. Nonostante l’emozione per la lieta notizia, da subito gli altri amici e invitati mi danno il compito, come da tradizione, di organizzare l’addio al celibato per lo sposo.
Beh l’idea, ormai radicata e di moda, di organizzare la classica cena in ristorante e bevuta nei locali per soli uomini non solo non mi ha mai affascinato, ma non l’ho mai reputata interessante neanche per il mio amico. Con Jack ci è capitato spesso di parlare di un ipotetico viaggio di sola pesca all’estero, condividendo il sogno, in quanto anche lui si è sempre reso conto di tutte le difficoltà organizzative e della difficile gestione del tempo. Ma ecco l’idea: l’addio al celibato lo facciamo alternativo, andiamo a pescare in oceano!
La giusta occasione, Il giusto “alibi” per potersi ritagliare cinque giorni dai mille impegni e le troppe priorità che ci hanno sempre fatto desistere.
Ovviamente, questo tipo di viaggio non può includere tutti i suoi amici, quindi il mio compito di organizzatore di cene e bevute viene giustamente assegnato a un altro. Le mie competenze e i miei interessi mi portano in tutt’altro tipo di organizzazione. Rapidamente ho così composto l’equipaggio di quattro persone. Con me e Jack ci saranno anche il fratello Mattia, che da anni ci segue nelle nostre uscite e Riccardo, un caro amico pescatore come noi. “Pochi ma buoni”, dice il detto!
La pianificazione del viaggio
Per arrivare nello Stretto ci sono poche alternative se parti dalla Sardegna. Il volo diretto Cagliari - Siviglia è l’unico modo per avvicinarsi quanto più possibile alla destinazione finale. In mezzo, più di 150 chilometri separano la città andalusa alla costa, facilmente percorribili con un’auto presa a noleggio in aeroporto. Automobile che sarà indispensabile per raggiungere le zone di pesca e avere la totale autonomia.
Il “problema trasporti” sembra risolto in modo semplice. Non resta che capire come e quanta attrezzatura potremo portare con noi. Andrea Fazzolari, altro caro amico che ha fatto tanti viaggi di pesca, ci presta il suo Sportube per imbarcare pinne e fucile come attrezzatura sportiva. Lo Sportube è una valigia rigida modulabile appositamente creata per il trasporto di equipaggiamenti sportivi, dal costo non proprio abbordabile, che però si è rivelata indispensabile. Dentro abbiamo messo quattro fucili, uno a testa più uno di scorta, tre paia di pinne, oltre a qualche accessorio di ricambio. Le mute e il resto, come maschere, guanti e calzari, lo abbiamo imbarcato in un comune borsone come bagaglio da stiva.
Il problema maggiore è quello della zavorra, che per tre pescatori con la muta da sette millimetri diventa un peso davvero importante. Abbiamo imbarcato quanti più piombi possibili dividendoli tra i vari borsoni e raggiungendo il peso massimo imbarcabile, ma ovviamente non erano sufficienti per le nostre esigenze. Quindi, l’intenzione era quella di acquistarli sul posto oppure trovare il modo di farseli prestare da qualcuno.
Il programma del viaggio risulta semplice, perché pianificato bene da casa. Un giorno tra volo aereo, automobile e sistemazione delle attrezzature. Dopo di che si pesca per due giorni no stop, dalla mattina al tramonto. L’ultimo giorno sarà invece interamente dedicato allo svago e all’insegna del classico turismo.
Per quanto riguarda l’alloggio, essendo fine maggio, quindi bassa stagione, abbiamo deciso di prenotare sempre last minute sul posto avendo la possibilità di trovare tantissime proposte a qualsiasi cifra, senza perdere quindi la libertà di decidere sino all’ultimo dove andare a pescare.
Sì, perché l’incognita maggiore nel nostro sport è sempre e solo il meteo, soprattutto in primavera e se si è in oceano. Ragion per cui abbiamo calcolato tutto in base alle opzioni che avevamo per andare in mare a prescindere dal mare mosso. L’auto ci siamo garantito un raggio d’azione enorme.
Lo Stretto di Gibilterra
Quando si parla dello Stretto tutti abbiamo chiaro dove si trova. Un punto geograficamente straordinario dove il mare, per soli 16 chilometri nel punto più stretto, separa due continenti. Ovviamente, non si pescherà in quel tratto dove il traffico di mega navi mercantili è impressionante, ma nel lato oceanico.
I pescatori locali chiamano la zona che va dalla punta di Gibilterra sino alla città di Cadiz “el Estrecho”. Più di 150 chilometri di costa immersa nella natura con numerosi parchi naturali, il tutto condiviso con pochi paesi costieri.
Lungo la costa troviamo tanti chilometri di spiagge enormi intervallati da promontori rocciosi. Zone selezionate da casa nel caso avessimo trovato cattivo tempo in modo da avere un ridosso con qualunque condizione meteo. Ma l’ideale per poter fare una bella uscita è avere il gommone, soprattutto per la possibilità di esplorare tratti di costa difficilmente raggiungibili via terra.
Il nostro contatto
Prima di partire abbiamo provato a racimolare quante più notizie e racconti da chi c’era già stato. I social hanno dato un aiuto fondamentale. Infatti, grazie a una fitta rete di amici abbiamo ottenuto diversi numeri di telefono di pescatori locali e di italiani appassionati che si sono traferiti lì per lavoro.
Una volta avute le informazioni per uscire da terra nei punti migliori, tra una telefonata e l’altra abbiamo anche trovato una persona che si è offerta di portarci con lui in gommone. Una cosa incredibile.
Devo qui riconoscere l’abilità di comunicazione social del futuro sposo, che è riuscito a rimediarci il passaggio in gommone con Rafa, per gli amici Wady, gestore della popolare pagina YouTube “Hermanos Ruiz Gonzalez”. Rafa è uno dei tantissimi appassionati della zona, un signore sulla cinquantina, rossastro di capelli e con una vistosa abbronzatura da pescatore subacqueo sulle guance. Parla uno spagnolo strettissimo, veloce e con poche parole. È la classica persona innamorata del nostro sport, di quelle che gli si illumina gli occhi solo a parlarne. Vive a Chiclana de la Frontera, vicino a Cadice, uno dei paesini sulla costa del Estrecho.
Ci dà appuntamento davanti a casa sua e si fa trovare già in strada con il gommone sopra il carrello. Un battello particolare, con un’opera morta molto grande e con una forma della chiglia diversa rispetto a quelle dei nostri gommoni. Il motore di grossa cilindrata per un cinque metri fa capire che deve affrontare le onde oceaniche in caso di peggioramento improvviso del meteo. Tutti gli spazi sono ben calcolati per i pescatori e gli adesivi di numerosi sponsor danno al mezzo un’aria davvero professionale.
Fortunatamente, il tempo è stato clemente e nonostante il cielo sempre grigio il mare è abbastanza calmo per entrambe le giornate. La costante è un’onda lunga oceanica, che darà filo da torcere anche a chi solitamente non soffre il mal di mare.
La pesca nell’Estrecho
La Spagna ha una bella tradizione di pescatori e in questa zona, in particolare, ci sono personaggi davvero validi. Il numero di praticanti sicuramente non è elevato, ma la qualità è decisamente sopra la media. In tanti si immergono a profondità elevate, nonostante l’abbondanza di pesce a tutte le batimetriche, portando a casa solo prede di tutto rispetto, preferendo magari uno o due pesci di mole.
La sfida più grande che devono affrontare è la corrente impetuosa generata dalle incredibili escursioni di marea che modificano il paesaggio nel giro di poche ore, con il mare che avanza e arretra anche di 4 metri in altezza, facendo quindi sparire penisole e interi costoni di roccia in poco tempo e più volte al giorno. Questo spostamento di masse d’acqua in prossimità di uno degli stretti più importanti del mondo, genera fortissime correnti, che possono risultare molto pericolose per i pescatori. Le zone costiere, infatti, sono quelle dove si avvertono maggiormente questi improvvisi cambi di flusso, di conseguenza risulta impossibile entrare da terra e allargarsi dalla costa come siamo abituati a fare nel Mediterraneo. Si rischierebbe di venir spazzati via dal mare. Ecco perché l’appoggio di un mezzo nautico risulta la soluzione più semplice e sicura.
I locali pescano “a scorrere” in corrente sulle risalite in mezzo al mare, con il barcaiolo che li segue a pochi metri di distanza e qualora abbiano bisogno di tornare indietro durante l’uscita dovranno per forza rimontare in gommone e risalire la corrente.
Un’altra cosa che mi ha colpito è che il fondale ha una profondità quasi costante, che oscilla intorno ai venti metri. Spostandosi anche numerose miglia a largo, l’ecoscandaglio è fermo sempre sulla stessa batimetrica. I punti migliori dove ci ha portato Rafa non erano altro che risalite con salti di due o tre metri che dai venti metri creano degli agglomerati rocciosi intorno ai diciotto, composti da lastroni di roccia coralligena di colore molto scuro.
La visibilità non è mai delle migliori e lo spostamento delle masse d’acqua crea stratificazioni con colorazioni diverse. Puoi passare dal cristallo al buio in sole tre pinneggiate verso il fondo, per poi arrivare vicino alle pietre e trovare l’acqua nuovamente pulita.
Questo fenomeno, però, cambia tante volte durante l’arco di una pescata, così come la direzione della corrente è dettata interamente dallo stato della marea. Con la bassa va in una direzione, con l’alta marea nella direzione opposta. Il tutto a prescindere dall’intensità del vento e del moto ondoso.
Avere una guida esperta ci ha notevolmente agevolato e rassicurato. Fare i primi tuffi al buio a venti metri di profondità, con un’infinità di pesci a noi sconosciuti è stato un po’ inquietante. La poca luce che filtra per via delle stratificazioni di acqua sporca e le rocce di colore scuro rendono l’ambiente decisamente tetro e inquietante per chi è abituato a immergersi nell’acqua cristallina e tra le rocce granitiche di colore chiaro.
Ci sono voluti diversi tuffi per ambientarsi e riuscire a rilassarsi totalmente prima di godere a pieno della magia dell’oceano.
I pesci nello Stretto
Nelle nostre due giornate nell’Estrecho abbiamo catturato e ammirato tantissimi pesci a noi sconosciuti, ma abbiamo appurato come le specie presenti anche nel mediterraneo siano di taglia nettamente più grande ma, cosa strana, siano meno buoni da mangiare. Le raccomandazioni della nostra guida, infatti, sono state da subito chiare: non si spara ai pesci che non consumeremo. E vi garantisco che riuscire a trattenersi nel premere il grilletto davanti a saraghi pizzuti e cefali di dimensioni extralarge è stato davvero difficile.
Infatti, i cefali e i pizzuti di questa porzione di costa hanno la stessa valenza delle salpe per noi e per rispettare il limite di peso imposto dalla legge spagnola (di cinque chili o un pesce grande a testa) ci vediamo costretti a selezionare solo i più buoni a tavola e solo di grossa pezzatura. Pure i saraghi maggiori, sempre di dimensioni abbondantemente oltre al chilo, non sono presi in considerazione dai locali.
Nello Stretto, però, è pieno zeppo di saraghi faraone, specie molto rara nelle acque italiane, che raggiunge dimensioni eccezionali, sino ai cinque chili di peso. Durante la vacanza ne prenderemo diversi di grosse dimensioni; uno dei pesci più grossi saliti a bordo è infatti stato proprio un faraone di oltre tre chili preso da Rafa.
L’altra specie che ha caratterizzato la nostra trasferta è stata la borriquete, uno dei pesci più prelibati da quelle parti e anche abbastanza presente nello Stretto. Preda che tra l’altro raggiunge dimensioni notevoli e si muove in branco. Mediamente ne abbiamo catturato solo tra i due e i tre chili, i più grossi dei branchi. Prendere Burriquete “da chilo” è veramente semplice e poco appagante, mentre i più grandi sono decisamente difficili da portare a tiro.
Le azioni di caccia per insidiare i faraone e le burriquete sono complesse tecnicamente e, vista la profondità di venti metri e l’acqua molto torbida, sono pure atleticamente impegnative. Una volta arrivati sul fondo bisogna insidiarli con movimenti lenti e con percorsi a contatto del fondo, alternando la tecnica dell’agguato a quella dell’aspetto nel modo più silenzioso possibile, in modo da non allertare i numerosi pesci di varie specie presenti a ogni tuffo e far si che i più grossi non spariscano nel torbido allertati dalla nostra presenza.
L’altra specie diffusa è stata la urta (pagrus auriga), un bellissimo sparide che si cattura all’aspetto. Non troppo diverso dal pagro, si riconosce per il corpo più alto e per i giovani che hanno 2 raggi molto allungati sulla pinna dorsale. La livrea è caratteristica nei giovani, che hanno 5-7 larghe fasce verticali di colore rosso vivo, di spessore disuguale fra loro, mentre gli adulti tendono a diventare uniformemente rosati. Purtroppo, durante le due giornate di pesca non abbiamo avuto l’occasione di incontrarne pesci di grandi, ma solo di medie dimensioni. In compenso, ci hanno “sconvolto” le triglie e i tordi. I pochi esemplari che abbiamo incontrato erano davvero enormi.
Durante una delle due giornate Rafa teneva costantemente sott’occhio l’orario, aspettando il momento propizio in cui si crea la così detta “stanca di marea”. Il momento preciso in cui la bassa e l’alta marea raggiungono lo stesso livello e, di conseguenza, la forte corrente cessa per circa una quarantina di minuti, nell’unico momento in tutta la giornata.
In questa breve fascia oraria siamo andati di tutta fretta davanti al Faro di Trafalgar, uno degli spot migliori di tutto l’Estrecho. E’ uno dei punti più esposti alla corrente e solo per pochi minuti al giorno è possibile ammirare i fondali pazzeschi, fatti di lastre sulla sabbia in pochi metri d’acqua, popolate da saraghi giganti.
Abbiamo già pescato burriquete e urte a sufficienza e nessuno dell’equipaggio ha intenzione di fare una strage di saragoni, che non verranno neanche mangiati con gusto. Tutti puntiamo alla cattura di qualche pescione, come le famose ombrine o le ricciole di grosse dimensioni. Ma sfortunatamente nessuno di noi avrà la fortuna di incrociarli. Nei diversi tuffi riusciremo a prendere tre orate e due spigole, unici di cui siamo certi della bontà delle carni.
Il sogno Estrecho è stato una bellissima esperienza che ci porteremo tutti nel cuore. Un viaggio che consiglio vivamente a tutti i pescatori. E un addio al celibato può essere un’ottima scusa per avventurarsi in queste acque.